giovedì 9 febbraio 2012

“Spuntera un nuovo giorno e passerò per un camino”, racconto di Mara Depini, ospitato in occasione di un premio a Pistoia (13/12/2009)


Superato il confine i soldati del Reich occuparono le pianure e le terre di Polonia. Giunti ad Oswiecim, dopo aver tolto il diritto alla libertà di quella gente, cambiarono iil nome del paese e da quel giorno fu Auschwitz. Un buon posto, disse il comandante, per realizzare il campo di concentramento dove rinchiudere quei pezzenti
[Foto scattata nel campo principale di Auschwitz, ottobre 2009]

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Domani spunterà di nuovo l'alba.
Un nuovo giorno prenderà vita, tutto intorno.
Nonostante me, e quelli che mi stanno intorno, e quelli che stanno là fuori.
E sarà un altro giorno di lavoro, disumano.
Perché così avranno voluto gli altri, quelli che mi somigliano, ma solo esteriormente. Io non lo avrò desiderato, quel giorno, così come non ho desiderato quelli che già sono venuti. Li avrò subiti, li subirò.
Contro la mia volontà, contro le mie convinzioni.
Perché domani potrebbe essere un giorno diverso, se potessi desiderarlo.
E se dopo averlo desiderato, potessi avverarlo.

Ma qui, in questo campo, di cui ho dovuto imparare il nome, così come ho dovuto imparare il numero tatuato sul mio braccio sinistro, a forza, non posso desiderare nulla. Solo che tutto finisca.
Presto.

E non so neppure se desiderare che finisca perché la mia vita tornerà ad essere quella di prima, o desiderare che finisca perché la vita non sia più.
Perché qui ti fanno desiderare la morte, ogni giorno, ogni minuto, perché tutto questo orrore finisca. Ma io, e forse non solo io, ho deciso di non obbedire più agli ordini. Nel senso che ho deciso di smettere di desiderare la morte.
 
Semplicemente, per dispetto, desidero tornare alla vita.
Quella di prima, prima del campo, delle torture, del lavoro duro, della fame, del freddo, della paura. Prima ancora del ghetto, delle persecuzioni, prima di tutto, ma proprio tutto. Quando ero giovinetto, e libero, e felice, così come lo erano tutti i miei parenti. Fingo che nessuno sia morto, ma che sia solamente in un altro posto, che mi sta aspettando. E più la vita si fa dura, più sono convinto che tutto durerà ancora per poco. 

E allora non sento più il freddo, né la fame,né la paura.
E loro non lo sanno che domani spunterà di nuovo l'alba ed un nuovo giorno prenderà vita, tutto intorno. Ed urleranno contro di me, nella loro lingua che io rifiuto di fare mia, e mi picchieranno, e non mi daranno altro cibo che quella brodaglia maledetta, fatta di niente.
Ma qui ci sarà solo il mio corpo.
Di quello possono farne ciò che vogliono.
Della testa, di ciò che c'è dentro, dei miei pensieri, delle mie convinzioni, della mia dignità non possono impadronirsi.

Non vogliono che li guardi negli occhi. Quando lo faccio mi picchiano per costringermi ad abbassare i miei.
Perché hanno paura di ciò che vi leggono.
E di conseguenza hanno paura di me.
E' questo che mi fa gioire.
Perché alla fine, loro hanno paura.
Ed hanno paura di un sacco di pelle ed ossa come me.

Domani mi portano ai forni.
So già cosa mi aspetta.
Torno libero.
Domani spunterà di nuovo l'erba ed io passerò per il camino.


La premiazione di Mara a Pistoia (foto quotidiano Libertà edizione del 5 dicembre 2009)

Mara Depini di Castel San Giovanni, già più volte “raccontata” ed ospitata in Arzyncampo, ha meritato un nuovo riconoscimento alla 27ª edizione del premio letterario internazionale di narrativa e poesia intitolato a Giorgio La Pira, a Pistoia.

Targa d'argento per il suo racconto Posso andarmene.

Si tratta - spiega - di un racconto ambientato in un campo di concentramento”. Un tema che già in precedenza ha visto l’impegno dell’amica Mara con racconti come Baracca 23, Numeri e dignità oltre a questo poetico e disperato ‘spunterà un nuovo giorno e passerò per un camino’ ripreso dal quotidiano di Piacenza Libertà (edizione del 26 gennaio 2007).

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