mercoledì 25 gennaio 2012

"Prossima fermata Longobardia", racconto 1991 di Claudio Arzani, pubblicato in 'Vietato attraversare ...'

Notturno, olio su tela di Franco Cimitan

Una notte da dimenticare, il cielo oscuro più della pece lanciava acqua a secchi, illuminando di tanto in tanto di grigio elettrico i contorni della campagna. Luigi, percorso da un brivido, si strinse nel giaccone, ben lieto di essere ormai al sicuro nella vettura del Locale Piacenza-Pavia. Il finestrino era una lastra nera sulla quale le gocce d'acqua si rincorrevano forsennate. Dal soffitto un rivolo di pioggia aveva trovato una infinitesimale sconnessione tra le lastre ormai troppo vecchie, s'insinuava a percorrere la parete scendendo giù giù fino al corridoio.

     D’improvviso, con il lancinante stridio del ferro contro il ferro, il convoglio rallentò la corsa nella campagna. “Sarmato, Sarmato, stazione di Sarmato”, urlò gracchiante un altoparlante che la manutenzione aveva dimenticato. Attraverso il finestrino Luigi guardò l'ondeggiare della lampada che a malapena illuminava la porta della stazioncina bagnata dall'acqua scrosciante. Il fulmine lo colse di sorpresa, arretrò spaventato, giusto il tempo di notare i contorni neri stagliati contro il cielo del castello e dell'antica chiesa gotica sulla collina, rimasti impressi sulla pupilla nei pochi istanti di luce provocati dal lampo.

     Ebbe l'impressione di vedere un'orda di neri armigeri ed argentei cavalieri distendersi nella pianura sottostante, avventarsi contro le mura della torre. Sbattè le palpebre, incredulo scosse la testa, riguardò ma, nel buio, solo pioggia e la lampada ondeggiante.

     Il treno ripartì. Luigi sorrise della sua fantasia e si addormentò. Non vide Arena Po a ferro e fuoco, non Stradella ridotta ad alloggiamento delle truppe imperiali. Si risvegliò quando le luci della vettura si spensero con un lampo azzurrognolo. Il finestrino gli rimandò l'immagine scorrente della campagna buia e, in lontananza, il profilo delle torri di Pavia.

     Sferragliando il convoglio si lanciò sul Ticino e, in quel momento, la porta si disintegrò. Nel buio della vettura Luigi intravide a malapena l'ascia levata e, subito dopo, il ghigno eccitato del guerriero. Portava i fregi imperiali di Corrado II.

     Nell’estate del 1026, ricordò, le truppe imperiali cinsero d’assedio la ribelle Pavia. Fu l'ultimo pensiero di Luigi. Il guerriero ne scavalcò il corpo, avventandosi verso la cabina di guida.

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